Non so se sono riuscito, nel mio racconto, a descrivere il dramma psicologico che ha avuto inizio quando tracciarono i nuovi confini e i miei genitori furono sradicati dal loro tessuto sociale, dalle loro amicizie, dai loro averi, per trovarsi ad affrontare l'ignoto.
La casa dove abitavamo nei monti di Muggia prima di dover andare via, l'aveva costruita mio padre insieme ai suoi fratelli. I materiali che mancavano mio padre li comperò con le cambiali. Quando fummo costretti a lasciare tutto avevamo ancora da pagare le cambiali.
Fino all'ultimo sembrava che il confine dovesse passare da un'altra parte e che noi saremmo restati in Italia: eravamo pronti ad aiutare i meno fortunati. Invece il dramma toccò anche a noi. A casa erano tutti disperati. Venne una mia zia che si mise a piangere, dicendo "Chiudono i confini, non ci vedremo più, noi restiamo qua, voi là"...