Come diceva Franca Rame, quando fai uno spettacolo o una rappresentazione dedicata a una donna finisci sempre per parlare di un uomo. E così fa anche Lucia Vasini, che nel suo libro autobiografico, parla non di uno, ma di due uomini, i suoi compagni di vita e di teatro Paolo Rossi e Giampiero Solari. Ma cosa racconta esattamente? “E’ la storia di una scelta fatta da una ragazza di provincia tanti anni fa- spiega Lucia Vasini – una studentessa che da Marina di Ravenna decise di partire da per intraprendere una strada, seguendo la sua vocazione. E’ una storia di incontri fondamentali, di noi tre e della nostra costruzione di un’idea e un ideale di teatro inteso come crescita e percorso di vita”.
E’ una vicenda di teatro e anche di amore? “E’un racconto alla Jules e Jim degli anni ’80, solo che al contrario della trama del celebre film di Truffaut, non ha avuto un tragico epilogo. Catherine era una donna che non sapeva scegliere, invece noi tre, tutti e tre abbiamo scelto il teatro e ancora adesso lavoriamo assieme”.
E’ la prima volta che viene a Trieste? No, Trieste la conosco bene. Sono venuta la prima volta nel 1980 con Paolo Rossi per uno spettacolo, un monologo con la sua regia. Poi due anni dopo, nell’82 siamo tornati come coppia di cabaret. Ci hanno portato al Carillon, famoso night club cittadino, dove noi pensavamo si facesse teatro e cabaret intellettuale…”
Le città possono essere un luogo di sperimentazione di nuovi modelli di cittadinanza attiva e partecipata? E quale ruolo gioca la cultura nel processo di integrazione democratica? Lunatico festival ha provato a mettere a confronto esperienze in atto a livello regionale ed europeo, con il contributo di Celia Mayer, assessore alla cultura del comune di Madrid, Gianni Torrenti, assessore alla cultura e immigrazione della Regione Friuli Venezia Giulia e Giuseppe Caccia dell’ Associazione European Alternative. “Noi che operiamo all'interno di cooperative sociali nate dall'esperienza basagliana, che ha portato alla chiusura delle istituzioni manicomiali e alla nascita della cooperazione sociale – ha detto Alessandro Metz, delle cooperative sociali La Collina e Reset che organizzano Lunatico festival – fondiamo il nostro operare quotidiano sulla cultura del prendersi cura. Lavoriamo per l’inclusione, all’insegna della solidarietà e del legame sociale, poiché riteniamo siano gli elementi fondanti di una comunità”. Celia Mayer proviene da un ambito professionale legato alla ricerca sociale. E’ un’esperta di politiche comparate sulle misure di inclusione e di genere europee ed esponente di Ahora Madrid , movimento che sta provando a riportare la partecipazione dei cittadini al centro delle politiche decisionali. Un processo possibile attraverso l’avvio di politiche culturali? “La cultura ha un potere di trasformazione enorme - afferma - è un diritto di tutti e soprattutto un rapporto di scambio di idee e di esperienze. Sono convinta che la sperimentazione culturale non nasca dalle istituzioni, ma dalla società civile. Le politiche pubbliche hanno il compito di avviare un processo di democratizzazione delle cultura, renderla bene comune, aprire nuovi spazi di ragionamento”. Gianni Torrenti, assessore regionale alla cultura e all’immigrazione ha tracciato il quadro della situazione locale, ricordando come in Friuli Venezia Giulia, sin dagli anni ottanta, siano stati fatti grandi sforzi per promuovere una diffusione capillare delle attività culturali. Sono state aperte biblioteche, nuovi teatri e incentivata la produzione di eventi non più e non solo nelle città capoluogo, ma nell’intero territorio “grazie a una politica – ha osservato - che ha seguito la voglia e il desiderio di partecipazione culturale”. Negli ultimi due anni alla luce degli accadimenti che stanno trasformando la società, complice anche la crisi mediorientale ha messo in crisi l’Europa, sta cambiando il ruolo e la responsabilità delle istituzioni: “oggi pensiamo di dover accompagnare, pur senza dirigere, lo sviluppo culturale dei cittadini – ha detto - favorendo dinamiche di accettazione di culture diverse e affrontando il disagio sociale reale che attraversa la nostra comunità”. E in Europa? “La storia dell’integrazione europea prima della crisi economia globale del 2007 – ha aggiunto Beppe Caccia - sembrava essere un processo automatico che, una volta innescato, si sarebbe concluso portando alla costituzione della demos europea , seppure con i suoi limiti in termini di partecipazione dei cittadini, poiché si trattava di un processo guidato essenzialmente da una cabina di regia intergovernativa guidata dagli esecutivi dei singoli stati”. Oggi le cose sono cambiate: dobbiamo confrontarci con un contesto globale che arriva sin dentro le nostre case con una dimensione di crisi e di guerra che morde i nostri confini”. Il risultato si è tradotto in una vera e propria crisi costituzionale del processo di integrazione, con la definizione di un campo politico più o meno equamente diviso tra un “grande centro” che è di fatto la coalizione politica che sostiene ancora oggi le politiche di austerità e una nuova e solo apparentemente irrefrenabile avanzata di populismi di destra di vario colore. La soluzione? “Forse dovremmo iniziare a mettere in discussione e analizzare i limiti delle politiche di austerità che hanno prodotto ineguaglianze e sono state il terreno di crescita degli integralismi di casa nostra, quelli che forniscono la manovalanza al terrore. Sono state queste politiche a nutrire i nazionalismi e i populismi. Fare cultura significa anche provare a aggredire questa rappresentazione dello spazio politico europeo, provare a inventare una strada altra e diversa, capace di sfidare i problemi drammatici e le contraddizioni spesso tragiche della nostra contemporaneità”. L’Europa ha dunque fallito? “Il processo di costruzione di uno spazio politico europeo vive la sua più profonda crisi di legittimazione e di consenso sociale – ha detto Caccia - ma proprio quelle migliaia di donne, uomini e bambini arrivati dalla Siria, dall’ Afghanistan, dal Pakistan, che in quello straordinario settembre-ottobre dell’anno scorso hanno trovato la loro strada, aprendo il varco della rotta balcanica, ci stanno dicendo che serve più Europa. Sono loro, più che una società europea invecchiata e disillusa, terreno di facile presa di populismi razzisti e di chiusure nazionaliste, di ritorno dei fantasmi peggiori della storia europea , che ci chiedono una terra ospitale, cosmopolita, capace di apertura e riconoscimento di diritti vecchi e nuovi, universale per tutte e tutti. E’ da questa forte spinta soggettiva che per alcuni mesi ha rotto confini, barriere e sbarramenti che arriva un messaggio di speranza materialmente fondata”. Secondo Celia Mayer la nuova egemonia della cultura razzista e conservatrice rivela come quella politica includente e democratica rappresentata dalla sinistra sia veramente in crisi . “La cultura come strumento e leva di integrazione sociale ha fallito – ha spiegato- perché è stata lasciata sola ad accompagnare questo processo. La sinistra ha basato i suoi principi sulla multiculturalità, sugli scambi di pratiche e idee, dimenticando i problemi reali di politica sociale”. Ahora Madrid sta tentando di cambiare linguaggio politico e forme di organizzazione. “Ha vinto in parte- ha aggiunto - ma è un processo ancora molto lungo che chiude un’epoca iniziata nel 78 con la transizione spagnola. “L’Europa nasceva con un progetto ben definito – ha osservato Torrenti – poi però, nel tempo è stata chiamata a fornire soluzioni di problemi diversi. Che l’Europa, ad esempio, fosse chiamata a diventare lo strumento di stabilità dei Balcani non era una condizione prevista . Era nata per altro. Inserire nel contesto europeo sette-otto paesi balcanici, per dare loro la stabilità che gli mancava, ha di fatto indebolito l’Europa stessa. I nuovi stati sono entrati all’interno del contesto europeo con gli stessi diritti di quelli che stavano faticosamente elaborando il progetto europeo. Una situazione a cui si è aggiunta la coincidenza di una crisi economica che si è protratta nel tempo e alla quale non abbiamo saputo dare risposte. O meglio abbiamo fornito risposte che però non hanno dato gli esisti sperati. La strada dell’austerità non è riuscita a dare una risposta adeguata. I debiti dei paesi sono aumentati comunque, lo sviluppo non c’è stato. Oggi dobbiamo cambiare strada”. Quale strada è realmente percorribile? “La storia spagnola degli ultimi cinque anni ci racconta qualcosa di interessante – dice Caccia - ci racconta di una possibilità”. Dal 2011 ad oggi abbiamo assistito a forme di autorganizzazione sociale e ripresa dello spazio pubblico con l’emersione di diversi fenomeni politici innovativi, da Podemos alla vicenda straordinaria delle piattaforme civiche che hanno conquistato Madrid, Barcellona Saragoza, La Coruña. La cosa che credo vada colta della vicenda spagnola è che tanta gente ha cominciato a credere e verificato nella realtà che “si, se puede”. La grande lezione a sta proprio qui: le persone organizzandosi hanno sfidato un bipartitismo che sembrava immutabile, hanno affrontato e frenato il capitalismo finanziario, fronteggiato le banche che venivano a prendersi le case, vincendo sfratti e pignoramenti. Podemos prima e le piattaforma cittadine poi, hanno ribaltato un assetto apparente immutabile di potere, dimostrando che poteva essere sfidato, che si poteva costruire qualcosa di nuovo che tornasse a impattare sulle nostre vite”. Non è la stessa cosa se una grande città europea è governata da forze che privatizzano i servizi pubblici essenziali o da forze che valorizzano i beni comuni. Non è la stessa cosa se una città è governata da chi organizza insieme le iniziative cittadine, le politiche di accoglienza per profughi , rifugiati e migranti o da chi fa ordinanze per cacciarli. “In Spagna si sta cercando di ricostruire una capacità di presa sulla realtà come è stata quella del grande disegno socialdemocratico dei trent’anni gloriosi dopo la seconda guerra mondiale, nel quale l’idea che di fondo era di provare a riequilibrare i poteri e la distribuzione della ricchezza”. E’ dunque possibile oggi pensare a una nuova politica capace di provare a mettere le briglie del capitalismo finanziario su scala globale e ai disastri che ha compiuto nella sua astrattezza? “Donne e uomini di buona volontà dovrebbero mettersi a ricercare assieme risposte che nascono dal basso, dalla capacità di auto-organizzarsi, di cooperare e riscoprire i valori di emancipazione e solidarietà, di mutualismo e aiuto reciproco. C’è bisogno di rispondere ai problemi drammatici che abbiamo di fronte. E le città e i territori possono avere un ruolo centrale nella costruzione di prospettiva di cambiamento. E’ un’istanza che in questi ultimi anni attraversa la Francia, la Spagna la Grecia e anche Italia. C’è questa domanda di tornare a una dimensione originaria di prossimità, di fare rete e costruire un potere e una forza capaci di mettere in discussione lo status quo e alcuni rischi catastrofici che la difesa di quello stesso status quo ci sta portando.
L'estate non ferma le attività della ASD Samarcanda! A luglio le squadre sono state impegnate in due importanti tornei: "Sportivamente" in Puglia e "Marco Cavallo" a Trieste. La trasferta pugliese ha visto il successo nel torneo della squadra Samarcanda, mentre la formazione Collina FC ha conquistato il terzo posto.
Nel torneo di casa la squadra Samarcanda si è classificata al terzo posto, mentre la squadra mista è arrivata settima.
Proseguono gli allenamenti di calcio ogni giovedì presso il campo di Chiarbola con una presenza media di circa 25 atleti.
Accanto all'attività calcistica sono state organizzate due escursioni montane di gruppo nei fine settimana in GranMonte (Alta valle del Torre), Monte Canin, Rifugio Corsi (Gruppo del Jof Fuart), Cason di Lanza (Paularo), Rifugio Grego(Gruppo del Montasio).
Nella giornata di lunedì 20 giugno, alcuni soci della cooperativa sociale La Collina hanno supportato l’associazione di promozione sociale Kallipolis di Trieste in un percorso di conoscenza del Parco di San Giovanni e delle dinamiche che ne hanno caratterizzato la storia dai primi del Novecento ad oggi.
L’iniziativa fa parte del progetto di cooperazione internazionale Polis - Casa Grande, leader partner del progetto GVC Bologna, che si pone come obiettivo principale quello di supportare la città di Holguin (Cuba) a diventare una città parco.
Nel corso della giornata alcuni referenti del progetto, sia italiani che cubani, hanno potuto confrontarsi su tematiche differenti con Giancarlo Carena (presidente della cooperativa sociale Agricola Monte San Pantaleone), Lucia Vazzoler (responsabile di Radio Fragola), Chiara Moretuzzo e Luca Gabrielli (ufficio grafica e comunicazione della cooperativa sociale La Collina), Pino e Carla della Sartoria Sociale Lister, Marco Svara (ufficio progetti della cooperativa sociale La Collina) e con tutto lo staff del bar - ristorante il Posto delle Fragole.
Tra le tappe del mini tour gli orti urbani, la Chiesa, il Padiglione M, il Teatrino Franca e Franco Basaglia, il Padiglione L, la Direzione del DSM, i padiglioni universitari, le installazioni di Antonio Villas e le opere di Ugo Guarino, la residenza per anziani Gregoretti, il Padiglione del Barone Ralli ed ovviamente le oltre 5.000 specie di rose disseminate nel parco.
Un’occasione per portare un po’ di Trieste dall’altra parte dell’Oceano, ragionando su modelli, approcci, strumenti e paradigmi che hanno reso possibile la restituzione di una parte di città alla collettività per troppo tempo sottratta alle dinamiche urbane.
Anche quest'anno, la cooperativa sociale La Collina si è aggiudicata, congiuntamente alle cooperative 2001 Agenzia Sociale e Lybra, il bando di gara che prevede la co-progettazione di interventi a favore di persone individuate dall'Ufficio Esecuzione Penale Esterna. Il progetto "In Cantiere" coinvolgerà tre persone in carico all'UEPE, impegnate per 20 ore settimanali in un percorso di 3 mesi. Obiettivo è offrire opportunità inclusive nel mondo del lavoro a favore di detenuti in semilibertà o ammessi al lavoro esterno al carcere quali percorsi di recupero dell'autonomia personale e di reinserimento sociale.
Sulla scorta dell'esperienza sin qui maturata, la Collina si propone come risorsa utile alla realizzazione di progetti individualizzati a valenza formativa e lavorativa, per attuare misure sostitutive alla detenzione e ad interventi di giustizia riparativa. Parole chiave del progetto sono continuità ma anche innovazione dei percorsi: oltre agli ambiti di inserimento già sperimentati in passato nel settore culturale, nei portierati e in quello amministrativo in ambito sanitario, La Collina intende implementare il sistema delle opportunità, allargando i contesti dell'inserimento in formazione al settore ristorazione e al settore comunicazione, coinvolgendo altre realtà potenzialmente in grado di accogliere percorsi di inclusione attiva come l'ADS Samarcanda.