Ago 05

Venerdì 12 agosto al Lunatico Festival la voce più tagliente della città presenta il suo irresistibile repertorio di visioni, magoni e irrisioni ad altissimo tasso di morbin cantautoriale. Chiamatelo blues, swing o semplice poesia: 

il dialetto triestino non è mai stato così cool.
Stefano Schiraldi - voce e chitarra, testi e musica
Gabriele Cancelli – cornetta
Valentino Pagliei – contrabbasso
Romano Bandera – percussioni

con la partecipazione straordinaria di Marcela Serli

Stefano Schiraldi compone, suona e canta da sempre. È un’irrefrenabile music machine che negli anni ha sfornato centinaia, se non migliaia di melodie allegre, tristi, euforiche, disperate.
Ogni canzone una storia, e ogni storia uno stato d’animo: Schiraldi ama perdersi nei paradossi della quotidianità, se non dell’attualità più scottante, per cavarne parole e note sempre sospese tra entusiasmo e disincanto. Dal 2001 è il cantastorie del Pupkin Kabarett, mentre da qualche anno accompagna alcuni tra i migliori spettacoli di prosa prodotti in regione e in Slovenia: La melodia del corvo di Pino Roveredo, Dell’umiliazione e della vendetta di Marcela Serli, Il cortile e Pali di Spiro Scimone, The story of the panda bears told by a saxophonist who has a girlfriend in
Frankfurt del rumeno Matej Visniec.
Attualmente sta componendo la colonna sonora di un lungometraggio per la regia di Marko Sosi?, e a dicembre sarà in scena al Teatro Stabile del FVG con Come cavalli che dormono in piedi di e con Paolo Rumiz, per il quale firmerà le musiche.
Nel 2010, con Trieste dormi?, ha dato vita a un ciclo di serate di musica e poesia rigorosamente in triestino: il ricordo di momenti preziosi e sale sempre gremite gli ha lasciato una gran voglia di riprovarci.


Il disco
Un lavoro messo a fuoco e ben composto nelle sue quattordici canzoni che lo compongono.
Tanto atteso, questo disco ribadisce il talento di Stefano Schiraldi, anima capace di trovare sempre l’intuizione della creatività più viva.
“Trombeta stonada” è disco che affascina, che cattura e trasmette calore, con la capacità di raccontare e la forza di coinvolgere. Con Schiraldi una formazione di ottimi musicisti, che in queste canzoni hanno trovato un affiatamento eccezionale, sempre al servizio della riuscita di ogni singola composizione, cantata in dialetto triestino.

Ago 05

TEATRO – martedì 16 agosto ore 21.00
MASTICA E SPUTA

di Pino Roveredo

Reading Musicale
Produzione Bonawentura
Con la compagnia del Pupkin Kabarett
Laura Bussani, Stefano Dongetti, Alessandro Mizzi
Riccardo Morpurgo – piano
Stefano Bembi – Fisarmonica

La sofferenza, la rabbia, l’emarginazione ma anche l’ironia e il gioco dell’ultimo libro di racconti del grande autore triestino. Pino Roveredo ha concesso agli amici del Pupkin Kabarett di provare a cimentarsi con il suo ultimo libro che prende il titolo da un verso del grande Fabrizio DeAndré. “Mastica e sputa” è infatti la rabbia da masticare e sputare verso l’indifferenza e la distrazione degli uomini e di Dio ma che tanto spesso va a braccetto col riso, col lato comico e ironico della vita che Roveredo ha spesso incontrato mentre camminava sul lato meno soleggiato della strada. Pino Roveredo, che si definisce anche un “autista” di storie più che un autore, questa volta sembra aver deciso di provare a salire in macchina con quei “picchiatelli” del Pupkin per provare a vedere dove li condurrà questo strampalato e bellissimo viaggio di musica, parole e emozioni.

“Mastica e Sputa” è uno spettacolo della rassegna Trieste estate 2016 organizzato dal Comune di Trieste che viene ospitato a Lunatico Festival.

La serata si apre alle 19 con gli aperitivi musicali a cura di Radio Fragola

Ago 04

Regia e drammaturgia di Claudio Misculin;
con: Claudio Misculin; Dario Kuzma; Giuseppe Feminiano; Bruna Bussani; Giulian Zidarich;
ballerina: Cristiana Fusillo

«Salve, mi chiamo Giordano, Marco, Gladio o Mariano Muscolin o Minchiulin o Mussolini a seconda dell’errore di stampa, e, nell’orrore della normalità, sono l’errore che permette la vostra intelligenza. Sono decenni che lavoro nel settore, prima come matto e/o carcerato, poi come istruttore di matti e/o carcerati. Oggi ne ho le palle piene piene piene e faccio ancora teatro con i diroccati perché non so fare l’idraulico. Alle volte faccio film e teatrini coi normaloidi ma non perché siano più divertenti, solo per avere un po’ più visibilità, e quando torno ai miei laboratori costo di più e posso farne di meno.
[...]
Da 40 anni, nei miei spettacoli, ringrazio e critico la psichiatria, anche duramente.
In questo spettacolo, invece, critico la psichiatria ma anche la cosiddetta utenza, cioè i malati, insomma, i matti: la loro indolenza e furbizia nell'approfittarsi degli aiuti che vengono loro forniti.
Credo che oggi, davanti alle nuove forme di potere, le pratiche legate alla follia assumano una dimensione molto importante.
Oggi, la normalizzazione non sigla un patto sociale ma diviene burocratizzazione dell'anima, distanza tra l'uomo e il numero, il camice, il ruolo.
Ed è ciò che permette di morire di fame e di opulenza, contemporaneamente, nello stesso luogo e nello stesso tempo.
Inaccettabile: lo dice finalmente anche questo Papa, ed è l'unico "politico" che io riconosco. La normalizzazione e la tendenza a formattare la Vita, ci colloca in prima linea nella lotta al processo di normalizzazione.
La resistenza alla norma, legata alla lotta all'antiutilitarismo, trova nell'associazione Follia-Arte una potenza fondamentale.
Il Dio potere chiude i manicomi poiché la società tutta diventi un manicomio panottico sorvegliato. La lotta contro il manicomio, quindi, deve diventare generalizzata, deve estendersi a tutta la società.» Claudio Misculin

Ago 04

La Magia dei Libri
Lecture show della notte di San Lorenzo

con
Mariano Tomatis, wonder injector
Wu Ming 1, scrittore

A partire dall'influenza che l’Italia ebbe storicamente sull’arte del book hacking - dai libri veneziani del XVII sec. che leggono nel pensiero fino agli spettacoli magici su carta di Bruno Munari – la lecture show del mago e storico Mariano Tomatis fa vivere la duplice esperienza dello stupore di fronte all’effetto magico e quella del piacere dell’analisi “cartesiana” dei meccanismi in azione dietro le quinte.
«La Magia dei Libri» è introdotto dallo scrittore Roberto Bui, aka Wu Ming 1, e seguito da un dialogo finale a più voci su magia, mesmerismo, potere e ribellioni.

http://www.marianotomatis.it

http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=19774

 

Ago 03

Come diceva Franca Rame, quando fai uno spettacolo o una rappresentazione dedicata a una donna finisci sempre per parlare di un uomo. E così fa anche Lucia Vasini, che nel suo libro autobiografico, parla non di uno, ma di due uomini, i suoi compagni di vita e di teatro Paolo Rossi e Giampiero Solari. Ma cosa racconta esattamente? “E’ la storia di una scelta fatta da una ragazza di provincia tanti anni fa- spiega Lucia Vasini – una studentessa che da Marina di Ravenna decise di  partire da per intraprendere una strada, seguendo la sua vocazione. E’ una storia di incontri fondamentali, di noi tre e della nostra costruzione di un’idea e un ideale di teatro inteso come crescita e percorso di vita”.

E’ una vicenda di teatro e anche di amore? “E’un racconto alla Jules e Jim  degli anni ’80, solo che al contrario della trama del celebre film di Truffaut, non ha avuto un tragico epilogo. Catherine era una donna che non sapeva scegliere, invece noi tre, tutti e tre abbiamo scelto il teatro e  ancora adesso lavoriamo assieme”.

E’ la prima volta che viene a Trieste? No, Trieste la conosco bene. Sono venuta la prima volta  nel 1980 con Paolo Rossi per uno spettacolo, un monologo con la sua regia. Poi due anni dopo, nell’82 siamo tornati come coppia di cabaret. Ci hanno portato al Carillon, famoso night club cittadino,  dove noi pensavamo si facesse teatro e cabaret intellettuale…”

Ago 02

Le città possono essere un luogo di sperimentazione di nuovi modelli di cittadinanza attiva e partecipata? E quale ruolo gioca la cultura nel processo di integrazione democratica? Lunatico festival ha provato a mettere a confronto esperienze in atto a livello regionale ed europeo, con il contributo di Celia Mayer, assessore alla cultura del comune di Madrid, Gianni Torrenti, assessore alla cultura e immigrazione della Regione Friuli Venezia Giulia e Giuseppe Caccia dell’ Associazione European Alternative. “Noi che operiamo all'interno di cooperative sociali nate dall'esperienza basagliana, che ha portato alla chiusura delle istituzioni manicomiali e alla nascita della cooperazione sociale – ha detto Alessandro Metz, delle cooperative sociali La Collina e Reset che organizzano Lunatico festival – fondiamo il nostro operare quotidiano sulla cultura del prendersi cura. Lavoriamo per l’inclusione, all’insegna della solidarietà e del legame sociale, poiché riteniamo siano gli elementi  fondanti di una comunità”. Celia Mayer proviene da un ambito professionale legato alla ricerca sociale. E’ un’esperta di politiche comparate sulle misure di inclusione e di genere europee ed  esponente di Ahora Madrid ,  movimento che sta provando a riportare la partecipazione dei cittadini al centro delle politiche decisionali. Un processo possibile attraverso l’avvio di politiche culturali? “La cultura ha un potere di trasformazione enorme -  afferma - è un diritto di tutti  e soprattutto un rapporto di scambio di idee e  di esperienze. Sono convinta che la sperimentazione culturale non nasca dalle istituzioni, ma dalla società civile. Le politiche pubbliche hanno il compito di avviare un processo di democratizzazione delle cultura, renderla bene comune, aprire nuovi spazi di ragionamento”.  Gianni Torrenti, assessore regionale alla cultura e all’immigrazione ha tracciato il quadro della situazione locale, ricordando come in Friuli Venezia Giulia, sin dagli anni ottanta, siano stati fatti  grandi sforzi per promuovere una diffusione capillare delle attività culturali. Sono state aperte biblioteche, nuovi teatri e incentivata la produzione di eventi non più e non solo nelle città capoluogo, ma nell’intero territorio “grazie a una politica – ha osservato  - che ha seguito la voglia e il desiderio di partecipazione culturale”. Negli ultimi due anni alla luce degli accadimenti che stanno trasformando la società, complice anche la  crisi mediorientale ha messo in crisi l’Europa,  sta cambiando  il ruolo e la responsabilità delle istituzioni:  “oggi pensiamo di dover accompagnare, pur senza dirigere,  lo sviluppo culturale dei cittadini – ha detto -  favorendo dinamiche di accettazione di culture diverse e affrontando il disagio sociale reale che attraversa la nostra comunità”. E in Europa? “La storia dell’integrazione europea prima della crisi economia globale del 2007 – ha aggiunto Beppe Caccia - sembrava essere un processo automatico che, una volta innescato, si sarebbe concluso portando alla costituzione della demos europea  , seppure con i suoi limiti in termini di partecipazione dei cittadini, poiché si trattava di un processo guidato essenzialmente da una cabina di regia intergovernativa guidata  dagli esecutivi dei singoli stati”. Oggi le cose sono cambiate: dobbiamo confrontarci con un contesto globale che arriva sin dentro le nostre case con una dimensione di crisi e di guerra che morde i nostri confini”. Il risultato si è tradotto in una vera e propria crisi costituzionale del processo di integrazione, con la definizione di un campo politico più o meno equamente diviso tra un “grande centro” che è di fatto la coalizione politica che sostiene ancora oggi le politiche di austerità e una nuova e solo apparentemente irrefrenabile avanzata di populismi di destra di vario colore. La soluzione? “Forse dovremmo iniziare a mettere in discussione e analizzare i limiti delle politiche di austerità che hanno prodotto ineguaglianze e sono state il terreno di crescita degli integralismi di casa nostra, quelli che forniscono la manovalanza al terrore. Sono state queste  politiche a  nutrire i nazionalismi e i populismi. Fare cultura significa anche provare a aggredire questa rappresentazione dello spazio politico europeo, provare a inventare una strada altra e diversa, capace di sfidare i problemi drammatici e le contraddizioni spesso tragiche della nostra contemporaneità”. L’Europa ha dunque fallito? “Il processo di costruzione di uno spazio politico europeo vive la sua più profonda crisi di legittimazione e di consenso sociale – ha detto Caccia - ma proprio quelle migliaia di donne, uomini e bambini arrivati dalla Siria, dall’ Afghanistan, dal  Pakistan, che in quello straordinario settembre-ottobre dell’anno scorso  hanno trovato la loro  strada, aprendo il varco della rotta balcanica, ci stanno dicendo che serve più Europa. Sono loro, più che  una società europea invecchiata e disillusa, terreno di facile presa di populismi razzisti e di chiusure nazionaliste, di ritorno dei fantasmi peggiori della storia europea , che ci chiedono una terra ospitale, cosmopolita, capace di apertura e riconoscimento di diritti vecchi e nuovi, universale per tutte e tutti.  E’  da questa forte spinta soggettiva che per alcuni mesi ha rotto confini, barriere e sbarramenti che arriva  un messaggio di speranza materialmente fondata”.  Secondo Celia Mayer la nuova egemonia della cultura razzista e conservatrice rivela come quella politica includente e democratica rappresentata dalla sinistra sia veramente  in crisi . “La cultura come strumento e leva di integrazione sociale ha fallito – ha spiegato-  perché è stata lasciata sola ad accompagnare questo processo. La sinistra ha basato i suoi principi sulla multiculturalità, sugli scambi di pratiche e idee, dimenticando i problemi reali di politica sociale”. Ahora Madrid  sta tentando di cambiare linguaggio politico  e forme di organizzazione. “Ha vinto in parte- ha aggiunto -  ma è un processo ancora molto lungo che chiude un’epoca iniziata nel 78 con la transizione spagnola. “L’Europa nasceva con un progetto ben definito – ha osservato Torrenti –  poi però, nel tempo è stata chiamata a fornire soluzioni di problemi diversi. Che l’Europa, ad esempio, fosse chiamata a  diventare lo  strumento di stabilità dei Balcani non era una condizione prevista . Era nata per altro. Inserire nel contesto europeo sette-otto paesi balcanici, per dare loro la stabilità che gli mancava, ha di fatto indebolito l’Europa stessa. I nuovi stati sono entrati all’interno del contesto europeo con gli stessi diritti di quelli che stavano faticosamente elaborando il progetto europeo. Una situazione a cui si è aggiunta la coincidenza di una crisi economica che si è protratta nel tempo e alla quale non abbiamo saputo dare risposte. O meglio abbiamo fornito risposte che però non hanno dato gli esisti sperati. La strada dell’austerità non è riuscita a dare una risposta adeguata. I debiti dei paesi sono aumentati comunque,  lo sviluppo non c’è stato. Oggi dobbiamo cambiare strada”. Quale strada è realmente percorribile? “La storia spagnola degli ultimi cinque anni ci racconta qualcosa di interessante – dice Caccia - ci racconta di una possibilità”. Dal 2011 ad oggi abbiamo assistito a forme di autorganizzazione sociale e ripresa dello spazio pubblico con l’emersione di diversi fenomeni politici innovativi, da Podemos alla vicenda straordinaria delle piattaforme civiche che hanno conquistato Madrid, Barcellona Saragoza, La Coruña. La cosa che credo vada colta della vicenda spagnola è che tanta gente ha cominciato a credere e verificato nella realtà che “si, se puede”. La grande lezione a sta proprio qui: le persone organizzandosi hanno sfidato un bipartitismo che sembrava immutabile,  hanno affrontato e frenato il capitalismo finanziario, fronteggiato le banche che  venivano a prendersi le case, vincendo sfratti e pignoramenti. Podemos prima e le piattaforma cittadine poi, hanno ribaltato un assetto apparente immutabile di potere, dimostrando che poteva essere sfidato, che si poteva costruire qualcosa  di nuovo che tornasse a impattare sulle nostre vite”. Non è la stessa cosa se una grande città europea è governata da forze che privatizzano i servizi pubblici essenziali o da forze che valorizzano i beni comuni. Non è la stessa cosa se una città è governata da chi organizza insieme le iniziative cittadine, le politiche di accoglienza per profughi , rifugiati e migranti o da chi fa ordinanze per cacciarli. “In Spagna si sta cercando di ricostruire una capacità di presa sulla realtà come è stata  quella del grande disegno socialdemocratico dei trent’anni gloriosi dopo la seconda guerra mondiale, nel quale  l’idea che di fondo era di provare a riequilibrare i poteri e la distribuzione della ricchezza”. E’ dunque possibile oggi pensare a una nuova politica capace di provare a mettere le briglie del capitalismo finanziario su scala globale e ai disastri che ha compiuto nella sua astrattezza? “Donne e uomini di buona volontà dovrebbero mettersi a ricercare assieme risposte che nascono dal basso, dalla capacità di auto-organizzarsi, di cooperare e riscoprire i valori di emancipazione e solidarietà, di mutualismo e aiuto reciproco. C’è bisogno di  rispondere ai problemi drammatici che abbiamo di fronte. E le città e i territori possono avere un ruolo centrale nella costruzione di prospettiva di cambiamento.  E’ un’istanza che in questi ultimi anni attraversa la Francia, la Spagna la Grecia e anche Italia. C’è questa domanda di tornare a una dimensione originaria di prossimità, di fare rete e costruire un potere e una forza capaci di mettere in discussione lo status quo e alcuni rischi catastrofici che la difesa di quello stesso status quo ci sta portando.

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