Nov 09

1989. Il viaggio della fotografa Antonella Pizzamiglio è diretto a Leros, isola greca del Dodecanneso. La destinazione è uno degli ultimi lager psichiatrici della nascente Unione europea.

“Nel manicomio di Leros, che verso la fine degli anni ’70 era giunto a contenere quasi tremila internati provenienti da tutta la Grecia, ho realizzato il mio primo reportage.”

Donne, uomini, bambini ammassati nelle vecchie caserme della Marina militare italiana che dal 1912 aveva installato a Leros il suo quartier generale.

“Per la prima volta a ventitre anni mettevo piede in un ospedale psichiatrico, per la prima volta la macchina fotografica penetrava clandestinamente nel manicomio per strappare le immagini più nascoste … In una lotta contro il tempo, in un corpo a corpo tra me e l’immagine da rubare, contro la mia stessa capacità/possibilità di riuscire a guardare quello che vedevo… Di lì a dieci giorni si sarebbe svolto ad Atene il Congresso mondiale di psichiatria, era urgente documentare quella drammatica situazione non solo con le parole ma con le immagini.”

“Alla fine degli anni Ottanta una giovane fotografa sufficientemente sprovveduta, adeguatamente incosciente per essere in grado di infiltrarsi in luridi meandri di un lager insulare ruba cento scatti all'omertà, al nascondimento, alla vergogna di un paese, di una cultura, di una professione.
Le prime pagine di alcuni quotidiani europei ne avevano già segnali, ma Antonella Pizzamiglio documenta, illustra, si sofferma, ci sta sopra, coglie l'enormità di quel che vede: ce lo consegna e ai funzionari dell'Unione Europea i documenti spalancano necessità - possibilità di intervenire.
Due èquipes da Maastricht e da Trieste possono essere inviate dalla CEE* a Leros e in un tempo non certo breve ma decisivo cambiare radicalmente i destini del luogo e degli internati.
Un'altra occasione per decidere ruolo e importanza del compito di non nascondere nulla, svelare realtà, conoscere per trasformare: l'uso straordinario di uno strumento straordinario perchè nessuno potesse più dire di non sapere e perchè nessuno possa più dire in futuro che le cose non stavano così.
Ho visto partire Antonella e l'ho vista tornare.
Le foto stavano lì, ma era chiaro che stavano ormai anche dentro di lei - come divennero non dimenticabili immagini per molti di noi.”

Franco Rotelli
*Comunità Economica Europea in seguito prese il nome di Unione Europea

Gli scatti denuncia di Antonella Pizzamiglio furono il motore dell'intervento della Comunità Europea che, nel 1990, finanziò il progetto che cambiò le sorti di migliaia di persone.
Il viaggio di Antonella Pizzamiglio all'interno dei meandri di Leros non si è ancora fermato.

A Trieste dal 15 novembre, in occasione del Convegno The Right (and Opportunity) to Have a (Whole) Life, inaugura la mostra permanente LEROS Il mio viaggio negli spazi del padiglione Z, all'interno del Parco di San Giovanni, luogo che vide svilupparsi il movimento di deistituzionalizzazione degli ospedali psichiatrici. LEROS Il mio viaggio sarà visitabile da mercoledì 15 novembre a venerdì 17 novembre con orario 10 – 16. L'inaugurazione sarà mercoledì 15 novembre alle ore 15.30. Nei giorni a seguire sarà possibile prenotare la visita via mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., oppure via telefono al 349 8722305 .

Oltre 60 fotografie divise in 4 sezioni; la testimonianza di un viaggio iniziato nel 1989 e non ancora concluso


LEROS IERI - reportage realizzato nel 1989 all’interno del manicomio dell’isola greca del Dodecaneso. (1989)
LEROS OGGI - per dare un nome e una dignità che in passato non c’erano. (2011)
LA VERGOGNA DELL’ABBANDONO - le strutture e il senso di vergogna di un passato ancora presente. (2011)
L’ISOLA DEI PROFUGHI – (2016)


APERTURA SU PRENOTAZIONE:
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cell. 349 8722305


La mostra è organizzata dalla cooperativa sociale La Collina in collaborazione con Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Trieste – Dipartimento di Salute Mentale, cooperativa sociale Reset, Agenzia Sociale 2001.

Nov 08

Una grande festa con tanta musica e buon vino, stile “osmiza sul carso”, quella di sabato 11 novembre all’Osteria Sociale Casa del Popolo. Si comincia fin dal mattino, alle 11.00, con la chitarra di Enrico Racheli e la fisarmonica di Fabio Zoratti con canzoni triestine e da osmiza e prosegue tutto il giorno con la degustazione in esclusiva cittadina dei prodotti enogastronomici (vino, salumi e formaggi) di Gabi Wines, Wine & Osmiza – Trieste. Alla sera, a partire dalle 19.00 Marco Relli in concerto. Per tutto il giorno si potranno anche gustare crodegnini con capuzi e gnocchi col goulash.

Menù della festa di San Martino:

Ovi Duri 0.60 cent

Frittatine:
radicchio
zucchine
funghi tartufati
formaggio Tabor
salame Doma?a

tutte le frittatine a 6 euro

Tagliere:
formaggi
salame
pancetta
soppressa
tutto di casa e prodotto da Cernigoj a 7 euro

Sottaceti nostrani 3.50 euro

Crodeghini e capuzi 6 euro

Gnocchi fatti in casa con goulash di ganasse 8 euro

Gnocchi fatti in casa con goulash di cinghiale alla carsolina/piatto unico 10 euro

Frico carnico con polenta di montagna 8 euro

Vin novo e castagne 4 euro
Informazioni e prenotazioni allo 040774382 oppure 3896584243

Nov 07

Molto spesso le notizie diffuse sul carcere non hanno un effettivo riscontro su quella che è la vita delle persone ristrette. Giornali, laboratori di scrittura, trasmissioni radio o tv: sono oltre una quarantina le realtà che in Italia danno voce ai penitenziari. Con il progetto L'Aquilone però, per la prima volta in Italia, un periodico nasce da una sezione di Alta Sicurezza.
Ideato e organizzato dalla cooperativa sociale La Collina, in collaborazione con il Garante per le persone private della libertà personale della Regione Friuli Venezia Giulia e la casa circondariale di Tolmezzo, attraverso il contributo della regione, nel corso dei mesi si è sviluppata una vera e propria redazione all'interno della struttura di Tolmezzo che, settimanalmente, si incontra, discute e scrive su argomenti differenti. Nasce così L'Aquilone: non uno dei soliti "giornalini" che raccolgono poesie, pensierini e lamenti, ma un giornale che racconta gli stati d'animo provati e procurati, dando margine anche alla critica sulla condizione o condizioni carceraria.

Pino Roveredo, Garante per le persone private della libertà personale della Regione Friuli Venezia Giulia, sottolinea come sia “vitale ed essenziale la cultura all'interno degli Istituti Penitenziari, cultura intesa come il sapere scolastico, il teatro, ed il giornale. Un giornale che prova ad abbattere molti luoghi comuni che descrivono il carcere con la comodità delle 24 ore in branda, ignorando gli aspetti disumani che vi girano dentro. A Tolmezzo ci sono persone condannate all'ergastolo, che trovano un motivo di sopravvivenza e riflessione anche raccontandosi con la scrittura.”

Fabio Inzerillo, Presidente della cooperativa sociale La Collina, evidenzia come sia “normale per noi tentare di dar voce a chi vive condizioni di marginalità, lo facciamo attraverso l’inserimento lavorativo, attraverso Radio Fragola, emittente comunitaria di cui siamo proprietari, attraverso i molti progetti che facciamo all’interno delle scuole e quindi abbiamo colto ben volentieri questa sfida di far nascere una redazione giornalistica all’interno del Carcere di Tolmezzo. Visto il primo numero de “L’Aquilone”, possiamo dire che questa sfida è stata vinta.”

Sensibilizzare l'opinione pubblica sulla pena e sul carcere, informare sulle difficili condizioni di reclusione del detenuto, andando così ad abbattere il malessere del silenzio, dando il giusto riconoscimento al diritto di raccontarsi e di essere ascoltati. Uno stimolo per superare l'isolamento ed il “niente da fare” che spesso nelle realtà carcerarie diventa motivo di un indirizzo sbagliato e a senso unico.  Un momento di riflessione per raccontare il modo di trascorrere il tempo, di come sono lunghe le attese, ma anche di ripensare ai propri vissuti, attraverso una personale riflessione sul proprio passato.

Il passaggio successivo sarà quello di presentare il giornale all’interno di alcuni Istituti scolastici regionali, dove assieme a Pino Roveredo, Garante regionale per le persone private della libertà, sarà occasione per parlare di legalità, comportamenti a rischio e carcere.

 Scarica qui L'aquilone N.1

 

Ott 30

Oltre 150 milioni di euro il valore della produzione, 5308 gli occupati, 4571 i soci lavoratori sparsi in 47 tra cooperative, consorzi ed imprese sociali. Sono i numeri di Legacoopsociali Friuli Venezia Giulia che lunedì 30 ottobre alle 9 a Gorizia – nella sede Magazìn della Cooperativa Arcobaleno in via San Michele 42 – si riunirà per il 4^ Congresso regionale alla presenza del vice presidente della giunta del Fvg Sergio Bolzonello e della vice presidente nazionale di Legacoop Orietta Antonini. A condurre i lavori Gian Luigi Bettoli, presidente di Legacoopsociali Fvg, tra gli interventi quello del presidente di Legacoop Fvg, Enzo Gasparutti.
Il Congresso, tappa regionale in vista dell'appuntamento nazionale del 15 e 16 novembre a Roma, inquadra Legacoopsociali Fvg come seconda categoria per importanza dell’associazione Legacoop. L’associazione delle cooperative sociali nacque infatti, come quella nazionale, solo dodici anni fa, ma vanta una storia di quasi mezzo secolo. Proprio in Friuli Venezia Giulia nacquero le prime cooperative di utenti, grazie alla chiusura dei manicomi promossa dallo psichiatra veneziano Franco Basaglia con la Legge 180 del 1978, e da esse le successive cooperative di operatori sociali. “Quelle che oggi – spiega il presidente di Legacoopsociali Fvg, Gian Luigi bettoli - si chiamano rispettivamente cooperative sociali “B” ed “A”. Legacoop nella nostra regione fu la prima a dedicare risorse e ad organizzare autonomamente la cooperazione sociale, finché questa ha assunto una sua autonomia”.
I dati di Legacoopsociali in Friuli Venezia Giulia sono tutti in crescita costante, a dispetto della crisi, e in realtà sono già stati superati nel corso del 2017 grazie alle nuove adesioni. “Pur rappresentando solo un quarto del totale delle imprese del settore – prosegue Bettoli -, e contando al suo interno l’intero spettro delle dimensioni aziendali (dalle PMI alla grande impresa), Legacoopsociali rappresenta numeri pari alla metà del totale della cooperazione sociale friulgiuliana. Si tratta di un indice del consolidamento delle imprese aderenti, che tendono ad assestarsi sulla dimensione medio-grande, ampliando la complessità della loro offerta di servizi e rafforzando le loro reti sociali (infatti ben 7 tra gli aderenti sono consorzi di cooperative)”.
I buoni dati della cooperazione sociale aderente a Legacoop si confrontano però con una realtà contraddittoria. “Da un lato, una rafforzata capacità di offrire servizi sociali, sanitari, educativi e di attività di lavoro di servizio, artigianali ed agricole che prevedono l’inserimento di persone svantaggiate e disabili. Dall’altro – incalza Bettoli -, un quadro normativo e politico non sempre adeguato. L’Amministrazione regionale, grazie all’impegno dell’assessore alla cooperazione Sergio Bolzonello, ha stanziato a partire da quest’anno nuove risorse, finalizzate soprattutto alla promozione di convenzioni tra gli Enti locali e le aziende pubbliche e le cooperative sociali, per favorire nuovi inserimenti lavorativi di soggetti “fragili”. E’ stata inoltre avviata la costituzione di un autonomo Servizio regionale per il settore”.
Rimangono tuttavia aperte questioni serie, “in primo luogo quella dell’incerto destino di migliaia di operatori “privi di titoli”. In realtà – spiega il presidente Bettoli - personale mediamente con grande anzianità di servizio, che spesso ha ideato e creato i servizi del welfare territoriale. Operatori che rischiano il loro posto di lavoro ogni qual volta vi sia un rinnovo di appalto, e che patiscono i ritardi burocratici di una Regione in ritardo di decenni con le attività formative dedicate al settore. Un assurdo, visto ad esempio che la moltiplicazione dei corsi Oss (operatori socio sanitari) produrrebbe nuova occupazione sicura, di cui c’è grande bisogno”.

Ott 30

Ancora pochi giorni, esattamente fino alla mezzanotte di sabato 4 novembre, per partecipare all'open call di "più o meno positivi #7", manifestazione che, in occasione della Giornata Mondiale di Lotta all'AIDS, sensibilizza la popolazione di Trieste con strumenti differenti sul tema dell'AIDS e dell'HIV.

Il Dipartimento delle Dipendenze dell’ASUITs, in coorganizzazione con il Comune di Trieste, e con il sostegno di Gilead Italia e di Trieste Trasporti, e la collaborazione con alcune cooperative sociali e associazioni presenti sul territorio cittadino e regionale, sta organizzando la settima edizione di “più o meno positivi”, manifestazione triestina che ospiterà dal 1° al 4 dicembre 2017 iniziative culturali, di divulgazione scientifica, comunicazione sociale e prevenzione sanitaria. Perno della kermesse sarà la mostra di arti visive, video e performance, presso la Sala Veruda di Palazzo Costanzi nella centralissima Piazza Unità d'Italia a Trieste, che sarà inaugurata in occasione della Giornata Mondiale di Lotta all’AIDS - 1° dicembre 2017.

Quest’anno "più o meno positivi" focalizza l’attenzione sull'importanza delle cure e dei farmaci per arginare efficacemente l'HIV e l'AIDS. Negli ultimi anni sono stati fatti importanti passi avanti nella terapia di questa malattia, ma la guarigione non è ancora possibile. La comunità scientifica internazionale continua a studiare le caratteristiche del virus e le sue modalità d'azione, per ottenere farmaci capaci di eradicare l'infezione e vaccini utili a prevenirla. Così studi multidisciplinari, collaborazioni transnazionali e nuove tecnologie hanno portato ad un'accelerazione significativa della conoscenza e delle sue applicazioni pratiche. E oggi nei diversi paesi del mondo si adottano diverse strategie e diversi protocolli sanitari per combattere l'infezione e la malattia; non altrettanto impegno viene investito nelle iniziative di comunicazione sociale e di testing, nonostante i dati epidemiologici parlino di numerose nuove infezioni, di diagnosi tardive e di gruppi di popolazione a particolare rischio. Trattare l'argomento con semplicità e correttezza scientifica, coinvolgendo in modo prioritario i più giovani attraverso iniziative attrattive, utilizzando anche i diversi linguaggi dell'arte, consente di abbattere tabù, rompere il silenzio e la paura, animare discussioni ed iniziative aperte a tutti. L’AIDS è una malattia che si può prevenire adottando alcune semplici scelte; fare il test HIV, che è gratuito e anonimo, è infatti importantissimo per conoscere il proprio stato di salute, prevenire il contagio ed iniziare il prima possibile la terapia efficace.
L’esposizione è dedicata agli artisti e creativi, dai 16 anni in su, che abbiano trattato il tema del bando di quest'anno. La segreteria organizzativa dell’open call curerà la mostra e provvederà alla selezione degli artisti e dei loro lavori, con l'obiettivo di promuovere una maggiore conoscenza della malattia, delle strategie per prevenirla, stimolando riflessioni, emozioni ed occasioni di dialogo.

Maggiori informazioni sulla pagina: www.facebook.com/piuomenopositivi, o contattando direttamente la segreteria: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

Ott 24

Anche se non riusciamo mai a raccontare sul sito tutto quello che avviene nella Microarea di Zindis, le attività di supporto alle persone più fragili in raccordo con i servizi e sviluppo di comunità stanno come sempre proseguendo intensamente. Lavoro in rete con i servizi, distribuzione di verdure recuperate dal Mercato Ortofrutticolo (ass. Laura), attività di "pulizia partecipata" delle aree esterne del rione, attività laboratoriali e di autofinanziamento autogestite dalle abitanti coinvolte, progetti per i giovani... E una quotidianità in sede ricca di partecipazione e incontri. Ultimamente sono venuti a trovarci da un Centro Studi di Torino e ci hanno dato il loro punto di vista rispondendo per iscritto alle nostre domande. Pubblichiamo qui interamente le loro risposte, che ci sono sembrate molto utili e interessanti:

Chi siete e come mai siete venuti a Trieste e a visitare le Microaree e Zindis in particolare?
Siamo Daniela Gariglio e Davide Bombini, due collaboratori del Centro Studi DiVI (Diritti per la Vita Indipendente) dell’Università di Torino. Ci siamo interessati alle Microaree poiché ci si prende carico della persona nella sua globalità, in maniera ecologica. È l’approccio che abbiamo noi nel nostro lavoro insieme alle persone con disabilità intellettiva: coprogettare insieme con la persona, la famiglia, il contesto sociale e i servizi attivi, un percorso di vita teso al godimento dei diritti. Non ci focalizziamo sugli aspetti di disabilità quando progettiamo. Li mettiamo tra parentesi (che non significa dimenticarsene) per impiegare uno sguardo olistico. Per questo le Microaree ci sono sembrate interessanti da vivere. La scelta di Zindis è dovuta, come spesso accade nella vita, a un insieme di fattori: voluti alcuni e casuali altri. Uno di questi è stata la conoscenza di Margherita, coordinatrice di Zindis, che ci ha raccontato l’approccio impiegato nel lavoro con le persone; e ci è sembrato molto interessante.

Che impressione vi ha fatto il progetto microaree e di Zindis in particolare? Avete suggerimenti da darci per il futuro?
Parlare di che impressione ci abbia fatto è assolutamente complesso da ridurre in poche righe e, forse, non ci sono abbastanza parole per spiegarlo. Abbiamo visto qui (e a Ponziana) un approccio alle persone profondamente umano. Le persone del quartiere possono entrare in Microarea come a casa di un amico accogliente. Trovano persone preparate e professionali che non si barricano dietro alla formalità della loro professione ma danno pieno valore alla dimensione relazionale, fatta da due (o più) persone e dalle loro identità e specificità. Il clima a Zindis è disteso, informale ma mai banalizzante: appena entrati si percepisce complicità tra tutte le persone, un’amichevolezza che permette di sostenere la persona in ogni suo bisogno senza mai svalutarne la dignità, le competenze, i diritti… Le persone, tutte (operatori e non) sono competenti sul proprio quartiere, i problemi e le soluzioni si condividono e si progetta insieme come rispondere alle necessità. Questo, oltre che raro, è un indicatore di buona salute di un servizio, che non dimentica mai che si stia lavorando con persone, dotate di dignità, indipendenza decisionale e competenza sulla propria vita. I suggerimenti per il futuro, con umiltà da parte nostra, non sono precisamente rivolti alla Microarea, ma alle amministrazioni pubbliche: investire di più su queste realtà rende la vita delle persone più felice, aumenta il benessere e previene situazioni gravi di emarginazione. Una ricetta che fa bene a tutti e sul lungo periodo.

Cosa fate a Torino e come lo scambio di Trieste vi può essere utile per il vostro lavoro?
A Torino siamo parte di un Centro Studi Universitario che promuove il diritto alla vita indipendente per tutte le persone con disabilità intellettiva. Il nostro obiettivo istituzionale è orientare le pratiche pubbliche per fare in modo che si trovino modalità personalizzate affinché il diritto sia rispettato in ogni condizione, indipendentemente da gravità, età, genere… Poter osservare la quotidianità delle Microaree ci ha permesso di vedere che esistono buone pratiche che vanno nella direzione verso cui noi tendiamo. Abbiamo focalizzato la nostra attenzione sulle modalità del sistema organizzativo triestino che vi permettono una presa in carico globale e personalizzata della persona e sulle modalità che utilizzate per formare chi vi è attorno, per mantenere quella tensione etica e politica che fa fare bene il proprio lavoro. Abbiamo osservato per qualche settimana le vostre pratiche e ci portiamo a casa un bagaglio pieno di riflessioni che ci aiuteranno nell’orientare maggiormente il nostro lavoro e nel portare cambiamenti nel sistema piemontese.
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