Iniziativa collaterale alla mostra
Il senso della scoperta. Testimonianze archeologiche dal mare e dalla terra nella Laguna di Marano
(Museo Archeologico della Laguna di Marano, 22 .12.207 – 01.05.2018)
Venerdì 27 aprile, ore 17.00 – Vecchia Pescheria
Ore 17.00
Carlo Beltrame (Università Ca’ Foscari Venezia)
La storia dalle reti. Lo studio del relitto di età napoleonica Mercurio
Ore 18.00
“Pescare” il passato
Conversazione sul tema “Azioni e buone pratiche per il recupero e la salvaguardia dei beni archeologici
sommersi”.
Intervengono:
- Cap. Lorenzo Pella (Comando Carabinieri Nucleo Tutela Patrimonio Culturale) - Illustrazione dei
compiti e delle funzioni del Nucleo Carabinieri TPC
- Paola Ventura (Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia)
- Rita Auriemma (Ente Regionale per il Patrimonio Culturale)
- Carlo Beltrame (Università Ca’ Foscari Venezia)
- Giovanni Dean (FLAG GAC FVG)
Evento organizzato in collaborazione con il FLAG GAC del Friuli Venezia Giulia e con Alessandra Milocco
Nel 2001, al largo di Punta Tagliamento, il peschereccio Albatros di Marano “pescò” un cannone di ferro ricoperto da concrezioni. Così ebbe inizio un’importantissima avventura archeologica: l’indagine del relitto Mercurio, il brigantino della flotta italo-francese di Napoleone colato a picco nella notte tra il 21 e il 22 febbraio 1812 sotto i colpi di artiglieria di navi della marina inglese. Un caso eccezionale, in cui l’archeologia ci svela lo scenario di un preciso evento della macrostoria.
Questa incredibile scoperta operata dai pescatori maranesi, che ci verrà raccontata da Carlo Beltrame, stimola una riflessione. Le nostre lagune e il nostro mare sono ricchi di storia e di archeologia. Spesso i pescatori e gli operatori del mare si imbattono in oggetti del passato che giacciono sui fondali da secoli o millenni. Ha senso recuperarli? Perché? E, nel caso, come fare e chi avvisare? Quali sono le buone pratiche da seguire? Che effetti potrebbe avere la scoperta?
A queste e ad altre domande si cercherà di dare risposta nell’evento “Pescare il Passato”, dedicato ad una conversazione sul tema “Azioni e buone pratiche per il recupero e la salvaguardia dei beni archeologici sommersi”, in cui interverranno i rappresentanti dei principali enti e istituzioni coinvolti nella ricerca, tutela e valorizzazione dei beni archeologici. Un dibattito aperto a tutti, in particolare a chi vive e opera quotidianamente in mare.
In occasione della ricorrenza della liberazione dal nazifascismo, la CGIL, l'ANPI, il Comitato Pace Convicenza e Solidarietà Danilo Dolci, con media partner la Cooperativa Sociale La Collina e Radio Fragola, hanno organizzato la Festa della Liberazione. Un momento di festeggiamento e di aggregazione popolare che giovedì 26 aprile a Muggia porterà il concerto dei Modena City Ramblers.
La volontà è contribuire alla ricorrenza con un evento che vada oltre alla celebrazione istituzionale per rendere tale importante data e i valori dell'antifascismo più sentiti e partecipati tra la popolazione. Una decisione che vuole positivamente alimentare il percorso avviato a Trieste di costruzione della rete antifascista. Un percorso che nasce dall'appello nazionale "Mai più fascismi!", sottoscritto da molti soggetti di rappresentanza, associazioni, sindacati.
Vivimao tempi incerti e agitati e i valori d ipace, solidarietà, e rispetto della dignità umana che porta con sè la celebrazione del nazifascismo sonoi valori che per gli organizzatori dell'evento sono indispensabili a tracciare una rotta per la convivenza possibile e civile nel nostro territorio ma anche nello scenario nazionale e intenazionale.
La Festa della Liberazione è un evento gratuito e si svolgerà presso gli spazi del Cantiere Alto Adriatico in Via di Trieste a Muggia. Apertura chioschi alle ore 19.30.
Da Laboratorio Sui Generis, un articolo di Lorenzo De Vidovich
Pubblichiamo di seguito un articolo dedicato al nostro seminario tenutosi venerdì scorso, 13 aprile 2018, presso l’Università di Milano-Bicocca, intitolato “Ricerca-Azione-Impresa di Comunità. Sviluppi e Nodi delle Microaree”. Curato da Margherita Bono (Cooperativa sociale La Collina, Trieste) e coordinato da Ota de Leonardis, l’incontro ha assunto le forme di una presentazione collettiva da parte dei diversi soggetti coinvolti nei più recenti sviluppi dell’ormai ampio universo delle Microaree triestine, in particolare a Muggia, Gorizia e Monfalcone. Non solo Cooperativa Sociale la collina, ma anche rappresentanti del dipartimento di Salute Mentale dell’Azienda Sanitaria di Gorizia (tra cui il direttore Marco Bertoli), volontari del Servizio Civile e abitanti del quartiere di Zindis (Muggia), sede da diversi anni di una Microarea locale, pronta a creare un effetto di contaminazione nei territori circostanti.
La giornata è stata particolarmente significativa non solo per leggere ad analizzare i più recenti sviluppi del Programma Microaree al di fuori del confine triestino, ma soprattutto per aver dato forma ad un confronto fra territori e ricerca, fra abitanti, operatori e studiosi delle tematiche di welfare locale. Le domande, le reazioni e gli interrogativi irrisolti emersi alla fine dell’incontro, rappresentano infatti la ricchezza del patrimonio conoscitivo di carattere comune, che le Microaree hanno saputo costruire nel tempo.
Come portare avanti le pratiche di comunità in un contesto non facile?
La domanda fa da sfondo all’intero dibattito, che si è avviato con una spontanea presentazione di diversi collaboratori attivi nello sviluppo di comunità. Margherita Bono, operatrice della Cooperativa Sociale La Collina, avvia l’incontro con le tre caratteristiche comuni a Muggia, Gorizia e Monfalcone: un approccio aperto e a tutto campo, il coinvolgimento di tutti i soggetti del territorio, l’elaborazione di obiettivi comuni capaci di avvicinare cittadini e istituzioni. Anna Demarchi, referente della Microarea di Zindis, è attiva da anni nel suo territorio, sottolinea come questi tre elementi facciano parte delle dinamiche di rottura dei metodi tradizionali con cui confrontarsi nei percorsi di salute e sviluppo di comunità:
non avere una ricetta è essa stessa una risposta (Anna)
Nicolas e Lorenzo, volontari del Servizio Civile rispettivamente a Zindis e Gorizia (nel quartiere Sant’Anna, dove il mix sociale è contraddistinto ex militari che iniziarono a popolare l’area negli anni ’70 ed ex Jugoslavi in seguito allo scoppio del conflitto balcanico negli anni ’90), evidenziano invece elementi fondamentali nella socialità che caratterizza il mondo delle Microaree, l’approfondita lettura del quartiere e delle sue dinamiche, lo sviluppo di pratiche di associazionismo. Sant’Anna, a Gorizia, si sta infatti adoperando per ricostruire e riproporre lo schema del Programma giuliano anche nell’Alto Isontino. L’esperienza di Monfalcone è invece condivisa da Laura, nel Basso Isontino, del gruppo di ricerca-azione che lavora in sinergia con il Centro di Salute Mentale per la salute e la comunità di un’area a prevalenza anziana (carattere comune dell’intera zona triestino-giuliano).
prendere contatto con associazioni, scuole e cittadini per “sentire il polso” del quartiere (Lorenzo)
Tre nodi, tre questioni fondamentali hanno in particolare guidato la discussione che gli operatori hanno voluto sottoporre a studiosi del Laboratorio Sui Generis e studenti del corso magistrale PROGEST
Siamo dei ricercatori? Siamo dei professionisti? Siamo matti?
Siamo un’impresa? Siamo un ente assistenziale?
Abbiamo molti alleati, o siamo soli?
Difficile trovare una risposta ben circoscritta per ognuna delle domande. Un referente di microarea, ad esempio, è chiamato a fermentare tutte le attività del territorio, mantenendo un certo rigore, ricercando, per l’appunto, persone e competenze utili ad obiettivi comuni. Un’osservazione oggettiva ed approfondita delle dinamiche di quartiere e dei singoli bisogni implica un certo distacco, tipico del comune ricercatore, unito però ad una erogazione, di tipo professionale, di un determinato servizio di comunità e di salute, secondo le linee guida aperte e processuali comuni al Programma Microaree. Sia ricercatori che professionisti, in un contesto che, non bisogna dimenticarlo, è stato teatro di uno dei più importanti processi, anche a livello internazionale, di deistituzionalizzazione psichiatrica, capace di rielaborare e riconfigurare i percorsi per la salute di chi viene comunemente definito matto.
Un’impresa o un ente assistenziale? La risposta non sorge spontanea nemmeno qui, ma è invece frutto dell’incontro fra le caratteristiche di impresa sociale che fanno da sfondo alla logica della Micoraree, ed il servizio d’assistenza quotidiana erogato dagli operatori.
Quando diciamo impresa, ciò che interessa è la produzione di “valore”: non vogliamo fare le cose tanto per fare. Quando diciamo ente assistenziale, intendiamo non occuparci delle persone trattandoli come oggetti passivi” (Margherita)
Uno scambio di domande introduce la terza questione: molti alleati, o una programmazione svolta in solitudine? Il tema è però anticipato da molte questioni cardine, che toccano temi diversi.
Come procedere nel “rendicontare” ad istituzioni che richiedono molta standardizzazione e modalità di tipo quantitativo? Come è stata ripensata la tradizione basagliana alla luce di domande e sfide diverse da quelle che mossero Basaglia a suo tempo?? Le due questioni sollevate da Emanuele Polizzi introducono i temi della co-progettazione, del partenariato fra diversi attori nelle arene di governance, nell’esigenza di ottenere un ruolo più trainante da parte delle istituzioni nel consolidamento del programma e delle pratiche.
Cosa intendete per “produrre valore”?, si interroga Lavinia Bifulco menzionando l’ormai forte riferimento all’economia che ormai pervade nelle imprese sociali. Come si svolge la riconversione delle risorse economiche? , domanda Raffaele Monteleone. Di risposta, l’attenzione ricade su quello che gli operatori chiamano valore culturale, su cui insiste anche il dottor Bertoli dal Dipartimento di Salute Mentale dell’Azienda Sanitaria di Gorizia, che conclude con un invito a consolidare le pratiche delle Microaree.
Dove non arrivano le istituzioni possono arrivare altri enti, e questo processo deve crescere, generando quindi anche una crescita delle risorse. Il futuro è qui, non è né l’ambulatorio né il ricovero ospedaliero, ma in questi percorsi di vicinanza ai cittadini. (dott. Marco Bertoli)
Conclude l’incontro il commento finale di Ota de Leonardis, che getta le basi per un secondo appuntamento, al fine di proseguire nella decostruzione e nell’analisi dei tre nodi presentati da Margherita Bono e i suoi collaboratori.
I gruppi di lavoro delle Ricerche Azione e Microaree portate avanti da La Collina partono giovedì 12 aprile per una emozionante trasferta a Milano! Parteciperanno al viaggio operatrici e operatori, borsiste/i, volontari di Servizio Civile, dirigenti dei Servizi Sanitari, abitanti della Microarea di Zindis... Saremo quasi 20! Il viaggio sarà dedicato a conoscere le attività della cooperativa Olinda e a presentare il nostro lavoro nel seminario "Ricerca-azione-impresa di comunità: sviluppi e nodi delle microaree” organizzato dal Laboratorio di Ricerca Sui Generis presso l'Università di Milano Bicocca.
È tornata la primavera, e con lei la nostra voglia di festeggiare!
Sabato 21 aprile, a partire dalle 18.00, doppio evento: dj set e musica dal vivo!
Dalle 18.00 alle 20.30 Back 2 back Dj Quero e Dj Love is the Key (soul, funky, disco)
Dalle 21.00 funk rock muscolare bencazzado coi nostri amici Bencazzadadiscoparty2.
Durante la serata sarà possibile cenare (consigliatissima la prenotazione) e gustare ottimi cocktail e aperitivi.
PER INFO E PRENOTAZIONI: 040774382 o 3408106684 (whatsapp)
I BCDP2 (Bencazzadadiscoparty2) sono una band alternative rock nata alla fine del 2007 per raccontare con un pizzico di adrenalina le piccole cose che accadono nella vita e nella testa dei suoi componenti. Il loro è un genere che ha variato numerose volte nome e forma, eticchettato oggi con il titolo di "rock bencazzado". Il nucleo originale di tre membri, Daniele “Johnny dePesce” Paravano alla chitarra, Daniele “Il MarzoDivo” Marzona al basso e Nicola “Nick Flamingo” Zucca alla batteria sarà poi completato nel 2008 con l'arrivo del cantante Marco "Branch Bacardi" Codarin.
Passano diversi anni come garage band, danno forma al loro sound alleggerendo le prime influenze metal e passando a una mescolanza di hard rock dai ritmi incalzanti con sonorità più oniriche, generando un proprio repertorio ispirato a gruppi come Electric Six, System of a Down, Bloc Party tra gli altri.
Nel loro repertorio si trova di tutto, dalle canzoni più ballabili ("Lobster Rock" – "Radio") a pezzi decisamente più martellanti ("Gnosi") a ballate melodiche ("Candyman" – "Gufi coi bulloni al posto degi occhi"). I testi sono alternativamente in lingua inglese e lingua italiana.
Oltre al sincretismo tra sonorità diverse viene dato maggior peso alla presenza scenica, cercando di dare al pubblico la possibilità di vedere live sempre diversi e coinvolgenti, curando coreografie e generando piccoli marchi di fabbrica (ad esempio il lancio di caramelle durante la canzone "Candyman").
Ad ogni concerto sono presenti numerosi riferimenti al loro animale totem, l'aragosta rossa che è sempre presente nel loro desing e spesso menzionata.